COME SI CURA  IL   PROLASSO  DEL  RETTO

  • IL PROLASSO MUCOSO INTERNO DEL RETTO

La sua caratteristica è che non esce fuori dall’ano quindi il paziente non può vederlo. Però lo può “sentire” come “un qualcosa che ingombra” la parte bassa del retto quando spinge, ovvero ponza per evacuare. Magari ciò che si può “intravedere” è un puntino rosa nell’ano, quando il prolasso mucoso interno è di TERZO GRADO. Vuol dire che spingendo “si affaccia” all’ano, raggiunge la rima anale. Ma capita che il paziente lo possa “scambiare” per un’ emorroide. In tal caso solo la visita del proctologo, in particolare LA PROCTOSCOPIA, lo può far vedere e classificare. Se di primo o secondo o terzo grado. TALVOLTA quello di secondo grado si deve operare, mentre quello di terzo grado si deve operare SPESSO. Quello di primo grado QUASI MAI.

Nella donna il prolasso mucoso interno del retto si accompagna spesso al RETTOCELE. L’accoppiata prolasso interno-rettocele può richiedere un intervento chirurgico solo se è sintomatica, ovvero se provoca senso di peso in basso, se induce la paziente a usare le dita per defecare (o premendo sulla vagina o infilandole nel retto),  se il rettocele supera i 3 cm.

A parte la visita dello specialista con vaginoscopia e proctoscopia, ciò che ci descrive bene la situazione dell’accoppiata prolasso rettale mucoso interno – rettocele è un esame radiologico che si chiama DEFECOGRAFIA. Questo va comunque fatto prima di un eventuale intervento.

Ma prima di operare un prolasso mucoso interno del retto teniamo presente che se non è voluminoso ed è di primo o secondo grado, lo si può trattare con un piccolo intervento ambulatoriale, la legatura elastica, che non prevede tagli né perdite di sangue. Unica precauzione, se il paziente prende aspirinetta o cardioaspirina occorre sospenderla una settimana prima. Come funziona la legatura elastica? Attraverso la proctoscopia (che non dà dolore) un apparecchietto stringe l‘elastico intorno alla mucosa prolassata (indolore anche questo). Quando l‘elastico cade e viene eliminato con le feci, il prolasso mucoso si sarà “retratto” ovvero “schiacciato” contro la mucosa e non darà più fastidio.

L’OPERAZIONE. In cosa consiste? Più spesso si tratta di pazienti donne che hanno sia il prolasso mucoso che il rettocele. Si va in sala operatoria, si fa una anestesia in genere spinale, con un aghetto sulla colonna vertebrale previa anestesia locale, poi la paziente si mette in posizione ginecologica sul lettino operatorio  e il chirurgo valuta bene le dimensioni del prolasso mucoso interno e del rettocele.

Se sono piccole io faccio in genere l’intervento di Block, cioè una particolare sutura continua che crea come una barriera tra il prolasso RETTALE schiacciandolo e il rettocele VAGINALE, come una piccola “saracinesca” tra retto basso e vagina. FINE. I punti di sutura “cadranno da soli” dopo giorni o settimane. Non serviranno a casa medicazioni, solo bidet ben fatti, con acqua e Anonet liquido. Questo è, ripeto, l’intervento di Block ovvero la obliterazione del prolasso mucoso e del rettocele, il più semplice che si possa fare. Dopo una settimana la paziente potrà muoversi e fare e mangiare quasi tutto. Ho fatto quasi cento di queste operazioni e solo due volte ci sono state delle complicanze di rilievo, risolte comunque con un secondo intervento.

Se invece le dimensioni del prolasso e del rettocele sono più grandi, allora preferisco fare l’INTERVENTO  DI SARLES detto anche EMIDELORME  ANTERIORE (le figure, le immagini di queste e di altre operazioni di cui parlerò su questo sito si potranno avere dal libro ART OF PROCTOLOGY, capitolo sul prolasso de retto)che vi può mandare online gratuitamente la mia segretaria caterinadebono@live.it). Con l‘intervento di Sarles il prolasso mucoso del retto SI PORTA VIA TAGLIANDOLO, attraverso l‘ano. Tagliato via questo quadrato o rettangolo di prolasso anteriore, bisogna fare la plastica de rettocele, che richiede una sutura a fisarmonica della muscolatura del retto sottostante al prolasso portato via. Poi si ricongiunge la mucosa del retto medio con il canale anale per ricoprire la plastica. Come si capisce dalla descrizione questo intervento è un po’ più complesso dell’altro, ma non parliamo di INTERVENTO PESANTE O PERICOLOSO bensì DELICATO, che DEVE essere fatto da uno specialista coloproctologo, NON da un chirurgo generale, anche se bravo. Io ne ho fatti una cinquantina e ho avuto solo due complicanze importanti: un ascesso pelvico e una fistola retto-vaginale, che ho poi curato con successo con un altro intervento non invasivo, “tappando”la fistola CON POMATA DI PERMACOL.                                     La percentuale di guarigione dopo questi interventi, nelle mie mani, è del 71% a cinque anni. E sale all’80% se la paziente fa anche, uno-due mesi dopo l’operazione, una fisiokinesiterapia.

Quando il prolasso mucoso interno del retto è più CIRCONFERENZIALE che ANTERIORE e non è associato a un rettocele importante, mi è capitato di eseguire un prolassectomia circolare con stapler, detta PPH, con buoni risultati. I primi interventi con suturatrice circolare per prolasso mucoso sono stati eseguiti nel nostro centro, a partire dal 1994 e i primi risultati furono pubblicati nel 1997 sulla nostra rivista “Techniques in coloproctology” Per chi desidera vederlo, l’articolo con le figure dell’intervento è qui sul nostro sito. Sono quindi favorevole alla PPH per piccoli prolassi circonferenziali del retto, interni di terzo grado ed esterni di piccole dimensioni, fino a 2-3 cm. Invece la PPH preferisco non usarla per le emorroidi, poiché non le asporta ma le sposta in alto e, se il paziente è stitico e spinge molto nell’evacuare, le fa ridiscendere e diventare sintomatiche…. e con i disturbi siamo punto e a capo. Infatti diversi studi hanno dimostrato che le emorroidi operate con la PPH danno quattro volte più recidive delle emorroidi asportate e anche un recente articolo sul Lancet, famosa rivista medica, conferma la superiorità della emorroidectomia manuale. Del resto, e per il costo e per la frequenza delle complicanze, definite da un chirurgo americano “potenzialmente devastanti” (Cataldo et al, Dis Colon Rectum 2004) la PPH è stata abbandonata negli USA e, se si legge il sito della Food and Drug Administration (FDA americano)si trovano centinaia di complicanze post-PPH, come perforazioni rettali, peritoniti che richiedono ano artificiale e così via. Un articolo cinese riporta anche svariati decessi.                                          Fortunatamente la ditta che produce le suturatrici ha stimolato, sia per la PPH che per la STARR, un meeting di esperti e ha dato le istruzioni precise per evitare complicanze gravi. Una di queste è che questi interventi devono essere assolutamente fatti DA SPECIALISTI DI CHIRURGIA COLORETTALE. Invece purtroppo le fanno non pochi chirurghi generali, che,dovendo conoscere la chirurgia della tiroide, dello stomaco, delle vie biliari, de pancreas, della mammella  ecc ecc non conoscono nel dettaglio l‘anatomia pelviperineale e anorettale  (rivista: Colorect Dis, primo autore: Corman , 2004 e 2006).

Credo comunque che chi legge questo sito abbia recepito il messaggio che LA CHIRURGIA COLORETTALE, ANALE E DEL PAVIMENTO PELVICO (= SFINTERI) è fatta meglio dai coloproctologi ed è a essi che il paziente con questi disturbi si deve rivolgere.

Non ho invece l’abitudine di eseguire un intervento, la STARR, che anni fa ho fatto e mi ha dato grave emorragia e richiesto un reintervento. La STARR (o la più moderna TRANSTAR) si fanno con strumenti meccanici costosi che tagliano un po’ “alla cieca”, ovvero il chirurgo non vede esattamente che tessuti seziona, per cui possono dare gravi complicanze come perforazioni, fistole retto-vaginali,  emorragie, peritoniti, e possono richiedere un ano artificiale (c’è un articolo Pescatori Gagliardi su Tech Cooproctol 2008). Inoltre, nel 20% dei casi, possono dare un grave dolore all’evacuazione, come descritto dal Dr Boccasanta, un “pioniere della STARR” sulla rivista Dis Colon Rectum nel 2004. Indubbiamente ci sono anche casi dopo STARR che guariscono, ma sono descritti casi di incontinenza fecale e urgenza defecatoria (= quando arriva lo stimolo di defecare bisogna correre in bagno per non farsela addosso) per il fatto che la suturatrice rimpicciolisce il volume del retto, che poi non agisce più come capace serbatoio per contenere le feci. Spesso, per fortuna, questa urgenza non è permanente.

Meno gravate da complicanze sono due operazioni manuali, cioè senza suturatrici meccaniche che “sparano” i punti metallici nei tessuti. Sono la DELORME INTERNA e la RETTOPESSI VENTRALE LAPAROSCOPICA (= “senza aprire la pancia”). Ma questi vanno fatti quando c’è qualcosa di più di UN PROLASSO MUCOSO INTERNO DEL RETTO, e cioè in caso di INTUSSUSCEZIONE RETTO-RETTALE o INVAGINAZIONE del retto su se stesso. E non certo vanno operati sempre, ma solo quando il chirurgo E’ SICURO che essi diano disturbi importanti al paziente. Per meglio aver chiaro questo punto, vi invito a leggere, sempre qui sul mio sito, l’articolo L’ICEBERG DELLA STITICHEZZA.

Se c’è una componente psicosomatica (lo può stabilire una psicodiagnosi fatta da un esperto del settore) ovvero depressione e-o ansia, è utile farsi supportare da uno psicologo. Nel nostro gruppo abbiamo la dott.ssa Francesca del Popolo. Un famoso chirurgo americano, Ira Kodner, scrisse: “non opero mai un paziente con intussuscezione (invaginazione) del retto senza prima farlo vedere a uno psicologo”.

  • IL PROLASSO MUCOSO ESTERNO DEL RETTO

Va operato, specie se sanguina o si ulcera. Se al prolasso mucoso esterno del retto è associata incontinenza da deficit sfinteriale (e lo si può appurare facendo una ecografia trans anale), evento non raro nelle donne che hanno avuto più parti vaginali magari con forcipe o ventosa, alla prolassectomia si può associare una SFINTEROPLASTICA. Nella nostra casistica di oltre 1300 pazienti con incontinenza fecale in 40 anni, questo evento è capitato comunque una decina di volte.

Come si opera? Con un intervento semplice di prolassectomia, ovvero si asporta la mucosa ridondante con elettrobisturi e poi si mettono dei punti di sutura. Si può anche trattare con la PPH se non è voluminoso. Altrove sul sito c’è un articolo con figure esplicative. Nel postoperatorio la paziente non deve introdurre nulla nell’ano (tipo cannule di clistere).

  •  IL PROLASSO COMPLETO DEL RETTO O PROCIDENZA

Ecco un patologia che richiede SEMPRE e IN TEMPI BREVI un intervento chirurgico. La complicanza peggiore che può venire se non si opera è l’INCARCERAZIONE del prolasso fuori dell’ano, che lo manda in necrosi. Ovvero i tessuti “muoiono”, si infettano gravemente e la frequente soluzione chirurgica è quella di dover creare un ANO ARTIFICIALE.  La chirurgia del prolasso esterno del retto è SU MISURA (in inglese si dice “tailored”) cioè NON ESISTE l’ intervento MIGLIORE o IDEALE, ma lo specialista ne deve conoscere diversi e scegliere quello che più si adatta alle caratteristiche del paziente. I tre più usati sono: A) LA RETTOPESSI per via addominale, aperta o meglio laparoscopica, in cui dopo averlo sollevato, si attacca il retto all’osso sacro. B) LA RESEZIONE DEL RETTO PROLASSATO secondo ALTEMAIER per via perineale, cioè attraverso l’ano, che ha il vantaggio di poter essere fatta in anestesia spinale (punturina sulla schiena) anche in pazienti molto anziani o in cattive condizioni generali, cioè cardiopatici e con problemi polmonari. E C) LA DELORME, che si fa “da sotto” attraverso l’ano purchè il prolasso non superi gli 8 centimetri.   Però, attenzione, si diceva prima “chirurgia su misura”: se il paziente è STITICO la rettopessi può peggiorare la stitichezza, a meno che non si associ alla rettopessi anche una resezione transaddominale del sigma. Che però implica una sutura nel peritoneo (la ricongiunzione dell’intestino) e quindi rischi di deiscenza (= la sutura che “cede”).Se il paziente ha una INCONTINENZA FECALE associata al prolasso è bene NON fare la Delorme, a meno che non si associ una SFINTEROPLASTICA. C’è chi ha proposto la resezione del prolasso “da sotto” usando una suturatrice meccanica, tipo Transtar. Il vantaggio è che l’intervento è veloce, ma c’è il rischio che, sul davanti, tra retto e vagina, ci sia un enterocele, cioè un prolasso del sigma o dell’intestino tenue nel cavo di Douglas e in tal caso c’è il rischio di fare una perforazione.

Come vedete la scelta non è semplice, ecco perchè bisogna andare da un chirurgo che sia in grado di fare tutte queste operazioni e scegliere la migliore per il (o la) paziente.

Una volta si usava, in pazienti molto anziani e fragili, il cosiddetto CERCHIAGGIO. Ma è stato quasi abbandonato perché dà troppe recidive, cioè spesso il prolasso si riforma. Di tutte queste operazioni io preferisco la Altemaier, che Walter Cirocco, un famoso chirurgo americano di origine ciociara, ha definito, dopo averne fatte un centinaio con ottimi risultati, un “intervento per tutte le età”. Il suo articolo è stato pubblicato sulla rivista Diseases of the Colon and Rectum circa dieci anni fa.

Gentili pazienti, tutto qui. Vi ho scritto quel che so e quel che va fatto nel prolasso del retto. Se lo avete, comunque, non siate preoccupati. Nella stragrande maggioranza dei casi si guarisce senza importanti complicanze e la mortalità è seminulla. E’ chiaro che nel postoperatorio il paziente deve evitare sforzi, violenti colpi di tosse, eccessive camminate. Con questi accorgimenti la convalescenza è in genere buona. e tranquilla e si ritorna quasi sempre ad avere una funzione intestinale normale.

Un consiglio finale, se il paziente è un maschio che presto vorrà avere figli,  non stitico e il prolasso rettale esterno completo è voluminoso e ci si accorda col chirurgo per una RETTOPESSI, ebbene che il paziente depositi il suo liquido seminale in una “banca dello sperma” prima del’intervento, perché a volte ci può essere una lesione del nervo ipogastrico, deputato alla eiaculazione. Se accade, spesso è reversibile, ma se non lo è… il paziente potrà avere figli col suo sperma conservato.